Lei è la mia Amica, ha appena finito di festeggiare i suoi 32 anni. Per capirci, è la prima persona che ho chiamato quella fatidica mattina in pronto soccorso, dopo mia madre e mia sorella. Lei è venuta ed è stata lì tutto il giorno, nonostante abbia il terrore degli ospedali perché le ricordano brutti momenti della sua vita. Si è presa cura di me, prendendosi cura di ciò che io giocoforza non avevo la testa di seguire.
Accanto a me ho avuto anche altre donne, un esercito di donne, che mi hanno accudito anche da lontano: con una foto, un cuore, un messaggio, una frase, una canzone, una chiamata, una preghiera. Mi hanno teso una mano e mi hanno scaldato il cuore. Tante, ma tante, che non riesco a contarle. Una specie di matriarcato, una sorta di società maternale, in cui le mie donne si sono curvate su di me e mi hanno medicato le ferite dell’anima.
Ho sentito così tanta vicinanza, così tanto sincero affetto, così tanta sorellanza, che non mi sembra vero possano esistere quelle storie in cui le donne odiano le donne. Non ho mai avuto donne contro, semplicemente perché non mi sono mai posta come un’avversaria, anche in ambienti in cui l’ostilità poteva essere conveniente.
Ho sempre cercato di tirar fuori il meglio di una relazione, tirando fuori il meglio dall’altro. Perché se uno dà il meglio ispira l’altro a essere migliore.
Questo però me l’ha insegnato un Uomo, il migliore di tutti, che amava tutti e tutte e sapeva vedere la luce in loro, prima che la vedessero loro. Ha spinto me a essere migliore cosicché io potessi ispirare altri a esserlo. Un domino di bene.
Questo è il risultato: oggi sorrido, e se lo faccio è perché mi sento amata. Perché ho amato a mia volta, sinceramente. Un domino di bene: il senso della vita.
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