Per voi, la casa dov’è? Essere a casa cosa vuol dire? Avere quattro mura intorno e un tetto sopra la testa, certo, ma forse per me è di più. In questi giorni ero a casa mia, ma non mi sentivo a casa. Ero insofferente, perché lui era via. È andato a Madrid per quattro giorni, una cazzata, è stato via per molto più tempo di così, ma stavolta era tutto diverso: lui che ha affrontato la paura di volare da solo, lui che è stato male là e non aveva nessuno che lo potesse aiutare, io qui preoccupata per lui a tenere tranquilla me stessa e sua mamma.
Ma forse non era nemmeno questo a rendere tutto diverso: forse è il fatto che ormai senza di lui non riesco più a stare, senza sapere che sta bene, che si sta divertendo. Mentre lui affrontava i suoi fantasmi, io affrontavo i miei: la paura di perderlo negli anni non si è affievolita, anzi; più capisco che lui è la persona perfetta per me, è la mia persona, più la paura aumenta. Ma è normale: quando la posta in gioco aumenta, aumenta anche la paura di perdere tutto. Quando è lontano da me, che siano solo i cinque km che separano il suo paese dal mio o sia l’oceano tra di noi, io desidero che sia felice, che stia facendo quello che gli piace, che stia sorridendo, perché così sono felice anch’io. Pur non vedendo l’ora di rivederlo al più presto, di riabbracciarlo forte.
Ché non c’entra il tempo e lo spazio che ci separa dalla persona che amiamo: potrebbero essere secondi, ore, giorni, mesi o anni, metri, chilometri o miglia, l’aumentare degli uni non necessariamente nobilita l’attesa. L’importante è imparare a sentire la mancanza, a non renderla un’abitudine, a non fare spallucce della nostra solitudine, ché non può essere la normalità per un cuore innamorato. È pensarlo in maniera così intensa di modo che il nostro pensiero lo possa raggiungere, è immaginarlo sorridere mentre si mangia un gelato per strada, così da poter sorridere anche noi, è tenere nel cuore tutte queste sensazioni, per poterlo abbracciare al suo ritorno con maggior forza, per riassaporare con più gusto la quotidianità.
Ecco cos’è essere a casa per me: gettarmi tra le sue braccia e poggiare la mia testa sul suo cuore, sentire il suo respiro irregolare, il suo battito accelerato e scoprire che va a ritmo con il mio. È non avere ancora un tetto tutto nostro, ma sapere che le fondamenta ci sono già, e sono belle solide. Che puoi stare in giro per il mondo quanto vuoi e sentirti a casa ovunque, ma non si è mai a casa davvero finché non si incrociano gli occhi di chi chiamiamo famiglia. Del resto, anche Jovanotti lo cantava tanto tempo fa: “Questa è la mia casa – la casa dov’è? – la casa dove posso stare in pace con te”. Tu sei qui ora, e stai bene. Ora sono a casa davvero.
Sarò troppo geek, ma per me la casa è dove il mio Android si connette al wifi automaticamente.
Uno dei miei video preferiti, in tema con il post.
https://www.youtube.com/watch?v=FbPtvFxUb60&feature=youtube_gdata_player
Fortunata!!!! : )
Già, lo credo anch’io! 😉 Grazie, continua a seguirmi. Un abbraccio!
Ma se era a Madrid a divertirsi, che fantasmi stava affrontando?! Papa pappppapah
Sei geloso?
No, non sono unt tipo geloso.