Non va. È un periodo così. Passerà, mi dico da ormai un mesetto. Manca il respiro, sto sempre in affanno, con il fiato in rincorsa: sarà questo caldo… Ma va, per quello basta accendere il condizionatore e sparisce. È una soluzione illusoria, ma funziona, dà sollievo, almeno per un momento. Ma per i problemi, per i pensieri, per le preoccupazioni, dov’è il telecomando del condizionatore? Dove l’avete nascosto? Che poi, bastasse solo quello… È che funziona sempre così: arriva il periodo in cui sei più presa, hai mille cose da fare, non sai da che parte girarti e ti piombano addosso mille altri pensieri, mille altre preoccupazioni, mille imprevisti da risolvere. E non sai dove sbattere la testa. Ed entri in un circolo vizioso, e ti sembra che non vi sia soluzione. E la luce in fondo al tunnel non si vede.
Annaspi, cercando di arrivare alla fine del giorno, quando riuscirai a tornare nemmeno sai come in superficie e prenderai una boccata d’ossigeno, consapevole però che l’indomani ti ci dovrai rituffare, in quelle acque profonde. E manca la voglia, lo slancio, non hai nemmeno la forza di prendere la rincorsa per fare quel salto ad occhi chiusi, quell’incoscienza che ti consente di non pensare. Sei stanca, sfibrata, ti è pesante anche quello che di solito facevi a occhi chiusi e con una mano sola, ovvero scrivere. Ti manca quella leggerezza che ti contraddistingue, i pensieri stanno cementando anche l’ultimo centimetro di cervello, non passerà più l’aria… Come si fa a sopravvivere? Dove sta il libretto d’istruzioni per questa vita?
Poi arriva l’ennesima giornata difficile, mille cose da fare, mille imprevisti cui mettere una pezza, misurarsi con i proprio limiti, cercare di superarli (con scarsissimi risultati). Arranco. Fino a che non ho sentito lui, felice come non mai, perché finalmente il suo progetto sta prendendo forma e prestissimo potremo annunciarlo al mondo intero. E ho ricominciato a sorridere, e tutto mi è sembrato un po’ più bello, che avesse un senso (anche se le mille cose da fare sono sempre qua).
Perché spesso siamo così focalizzati su noi stessi, così autoriferiti, che non ci rendiamo conto che non facciamo che alimentare la nostra frustrazione, la nostra incazzatura, la nostra stanchezza. Se provassimo ad aprire un po’ gli occhi, ad allentare la presa, ci renderemmo conto che la maggior parte delle nostre arrabbiature hanno la consistenza di una nuvola di profumo, ovvero nulla. Le teniamo lì, ad alimentare la nostra frustrazione, per poi magari crogiolarci nel vittimismo.
E invece, come basta poco per svoltare, per stare meglio: una carezza dai nostri bambini, un sorriso da chi amiamo, un complimento dal nostro capo… Renderci conto che la nostra felicità non è quasi mai tutta interamente contenuta in noi stessi, ma deriva, dipende soprattutto dagli altri, se abbiamo la voglia e la capacità di lasciarli entrare, di lasciarci contagiare.
I mille problemi, pensieri, preoccupazioni sono ancora tutti qua. Ma ho ricominciato a splendere, almeno. E mi sento più leggera.
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