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gennaio 26, 2018

Mancanze

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Le mie amiche stanno programmando un weekend lungo a Ibiza. A giugno. “Vieni?”, mi hanno detto. E io che non so nemmeno se domani sera riuscirò a uscire a mangiare un panino con la squadra, mi trovo a dover dire l’ennesimo no. Non che si tratti del dispiacere della rinuncia, ma più del peso di una vita tranquilla che manca.

Ma che ne sanno loro della fatica di poter programmare anche solo la spesa al supermercato, quella grossa, intendo, fatta in famiglia; dei biglietti dei concerti regalati a denti stretti perché c’è sempre l’incognita di doverli rivendere; del non saper nemmeno quando poter proporre una data per l’inaugurazione di casa tua, che già è vecchia e forse a questo punto un’inaugurazione non l’avrà mai.

Ma che ne sanno loro degli appuntamenti saltati all’ultimo minuto, dei viaggi mastodontici che non riusciamo mai a organizzare per tempo, dei biglietti aerei prenotati last minute, a prezzo pieno, che prima è come buttar via soldi, ma anche dopo non è che vi sia la certezza di poterli usare.

Ma che ne sanno loro del nervoso che si mangia in certe sere, nere più del nero, che già tu hai paura, lui ne ha ancora di più, e due paure insieme non si annullano, ma si sommano, generando la follia. Del rimanere appesi a un telefono che non squilla, e forse non squilla perché è andato tutto bene, ma forse non squilla perché le notizie non sono buone. E da quel telefono dipende tutta la tua vita. Per i prossimi tre mesi, si intende.

Che poi a volte ti sfiora il pensiero di poter essere una persona normale, di fare le cose normali che fanno tutte le altre persone normali, e sognare di fare un figlio, anzi due, e avere un cane… Ah no, quello già c’è. Ma poi ti rendi conto che non riesci nemmeno a programmare Ibiza e non hai le forze a volte per arrivare a domani, tra le lavatrici, condite con due lacrime salate, che l’ammorbidente laverà via.

Ma a domani ci sei sempre arrivata. E ci arriverai anche stavolta. E andrai a mangiare quel fottuto panino. Che avrà un gusto migliore, perché ha il sapore della conquista. E della felicità.

cancro insegnamenti malattia paura vita vita normale
by Francesca Favotto | no comment
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Chi sono

"...Non è Francesca", recita la canzone di Battisti. E invece sì, son proprio io.
Nasco a metà degli anni Ottanta, la settimana in cui i Dire Straits dominavano le classifiche mondiali con il loro successo ‘Money for nothing’, sotto il segno della Bilancia, ascendente Leone. Determinata e tenace, innamorata della vita e del bello, appassionata di musica fino al midollo (grazie ai Dire Straits nel mio trigono), sin da piccola preferisco i temi di italiano alle equazioni di algebra, inclinazione che mi porta a intraprendere studi a carattere umanistico. Linguista per necessità, ma giornalista per passione, ben presto scopro quant’è bello e divertente girare come una trottola in cerca di notizie. La serie tv ‘Sex and the city’ dà il colpo di grazia al mio destino: la vita di Carrie Bradshaw è troppo bella per non provare a realizzarla!

Un’insana passione per lo shopping unita alla curiosità per il fashion biz mi aiutano quindi a ‘masterizzarmi’ in Giornalismo di Moda, titolo che mi apre la strada in un settore pieno di sogni e di amore: quello del matrimonio! Fidanzata da quindici anni, cerco di apprendere più nozioni possibili sull’argomento, applicandole nella vita a due. A un rimpianto preferisco un rimorso, a un muso lungo un sorriso, al bicchiere mezzo vuoto sempre quello mezzo pieno, a una vita senza sogni per paura di non riuscire ad avverarli, ne preferisco una piena di cicatrici e sudore nel tentativo di esaudirli. Sognavo la vita di Carrie… e intanto non mi accorgevo che la mia è pure meglio.

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