“La salvezza non si controlla…
Vince chi molla”.
Niccolò Fabi
Ci hanno insegnato ad accumulare, a trattenere, ad avere, a possedere. E infatti, le persone le reputiamo di nostra proprietà, non un dono, ma un acquisto. Ma degli acquisti prima o poi ci si stanca, ce ne si disfa quando non servono più. Dei doni no.
Ci hanno insegnato a vincere, che De Coubertin era un coglione, perché si accontentava e chi si accontenta è infelice a prescindere, a raggiungere il successo a ogni costo, a stare sempre un passo avanti, ad avere sempre l’ultima parola. Ma dopo l’ultima parola di solito cala il silenzio. E silenzio può voler dire solitudine.
Per anni ho accumulato: beni, ricchezze, parole, incomprensioni, rospi. Per anni ho voluto vincere: nelle competizioni, sul lavoro, nelle discussioni.
Ed ero povera. E non avevo niente, quando in teoria avrei dovuto aver tutto.
Poi sei arrivato tu. Che mi hai insegnato a lasciar andare, a non trasformare tutto in una guerra, che due amanti possono essere tutto tranne che un terreno di battaglia. Che se poi è un continuo tirarsi bombe addosso, non si ha nemmeno il tempo di essere lucidi e capire che si sta perdendo tempo. Che come dice Marco Giallini in “Perfetti sconosciuti”, l’importante è saper disinnescare, cedere, fare un passo indietro. Mostrarsi apparentemente deboli, ma essere la roccia su cui si fonda il rapporto. Quella che sta lì e prende schiaffi in continuazione: dal vento, dal mare, che ne smussano gli spigoli, che ne scalfiscono la superficie, ma non la distruggono. E nei secoli sta lì, e osserva gli altri passare. Ma lei no. Lei resiste e protegge.
Che in amore, come nella vita, non è importante quello che hai, ma che assimili. Non quello che vinci, ma quello che ti guadagni. Vince chi sa mollare al momento giusto, perché anche la corda più resistente a lungo andare poi si spezza.
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