«Ti amo ti amo ti amo più di me stesso». Così si concludeva la lettera scritta da Domenico alla sua Franca ormai sessant’anni fa e rinvenuta qualche giorno fa, incastrata tra due blocchi di travertino degli antichi resti del Colosseo. Un foglio a quadretti scritto a mano e consegnato al destino, che ci ha fatto ritrovare questo piccolo gioiello, testimone di un amore antico, in tempi in cui le parole viaggiano veloci e spesso vengono cestinate prima di essere lette. Quanta potenza, quanta poesia, ma anche quanta precarietà in questo ti amo affidato alla carta, così fragile davanti al tempo e alle intemperie e che invece ha saputo resistere agli urti della vita, arrivando semi intatto fino ad oggi. Potere dell’amore. Un quadretto di 8 centimetri per 10 che diventerà parte del patrimonio storico del monumento italico per eccellenza e che andrà a testimoniare una parte di Storia che oggi quasi non c’è più. Una Storia fatta di storie d’amore in cui ci si teneva compagnia tramite buste contenenti fogli di carta ripiegati in tre che arrivavano ogni tre mesi, quando andava bene, e in cui lui, soldato al fronte, cercava un motivo per sopravvivere nelle parole scritte di getto con il pennino e spedite poi per corrispondenza all’amata a casa. Storie in cui a San Valentino non si usciva a mangiare perché di soldi non ce n’erano e allora ci si metteva alla scrivania, si impugnava la penna o la biro e si metteva nero su bianco in italiano sgrammaticato tutto l’amore che si provava per l’altro. E poi dentro scatole piene di polvere e di sogni, si conservavano tutti questi carteggi e li si andava a rileggere in quei giorni in cui il ricordo dell’altro non poteva più bastare o quando tuo figlio ti chiedeva: “Ma papà ti ha mai detto ti amo, mamma?”.
Io sono nata in una generazione in cui per fortuna se si vuole uscire a mangiare a San Valentino, si può farlo e se si vuole comunicare con una persona all’altro capo del mondo, puoi farlo in un istante, mandando una mail. Ma sono cresciuta con l’amica di penna e con il culto della lettera scritta bene su carta ricercata e scelta appositamente per il destinatario. Non sono una persona che demonizza le nuove tecnologie e le maledice perché hanno soppiantato le vecchie tradizioni, anzi: benedico ogni giorno la santa mail che mi fa svolgere il mio lavoro senza perdite di tempo e d’energia. Dico solo che le parole importanti, quelle che per dire a voce avresti scelto un momento particolare o per le quali avresti organizzato un’occasione ad hoc, occorre un mezzo speciale. E io ancora oggi scelgo la carta.
Adoro mettermi lì a scegliere con cura quale carta diventerà la mia lettera e abbinarci la busta, poi tirare fuori dall’astuccio la penna migliore con l’inchiostro più scorrevole e corposo, ma che non lasci macchie. Poi pensare le parole più belle, quelle più emozionanti, che ancora non gli ho detto e buttarle giù di getto, dando ascolto solo al cuore e alla pancia e stando attenta a non compiere errori, perché qui non c’è Canc e sai che brutto passare lo sbianchetto, andrebbe stracciato tutto e riscritto daccapo. Ma le più belle, quelle che restano nel cuore, sono le lettere scritte d’istinto, su pezzi di carta trovati qua e là, come quella volta che per i nostri dieci anni, presi il retro pagina di Glamour e gli scrissi un poema, denso di sentimento e di verità e di cose che non possono aspettare e che devi scrivere veloce, perché lui tra poco ritorna e gliela vuoi fare trovare di fianco alla tazza della colazione, accanto alla sua brioche preferita, ed è quello il regalo più bello, non il viaggio che tra qualche mese vi farete. Ancora oggi quel pezzo di carta campeggia sopra il suo letto, attaccato al muro, “Perché quelle sono le parole che voglio sempre sentire da te, ti amo”.
Adoro anche riceverle, le lettere. Le sue poi sono spettacolari: hanno quel buon profumo di carta e di pelle, la sua. E riportano la sua calligrafia, elegante e maschile, ma con una nota di dolcezza, speciale proprio com’è lui. E mi piace andare a rileggerle, proprio come faceva mia nonna con quelle di nonno, come fa mia madre ogni tanto con le rarissime lettere di papà, e scoprire che l’amore è rimasto intatto, oggi come undici anni fa, perché le parole son sempre le stesse, con la stessa intensità e la stessa sincerità. “Tu sei la mia vita e il mio futuro”, mi ha scritto per il mio compleanno qualche mese fa e mi ha detto ieri, guardandomi negli occhi: come fare a non credergli?
Ché anche una mail d’amore è bella da ricevere, ma conserva sempre quel carattere d’impersonalità e di freddezza, tipica del mezzo tecnologico. Tu le puoi archiviare e conservare, ma poi ti verrà sempre la tentazione di cestinarla per far spazio a nuove mail. Una lettera invece no: la terrai in un posto segreto, talmente privato che non necessita di password, oppure nel tuo libro preferito o in un cassetto, pronta a farti compagnia, quando si ha bisogno di ritrovare la speranza, quando lui ti manca da morire, quando quello che avevate va riacceso, quando ci si sente sole e l’unico mezzo per sopravvivere è il ricordo.
Tra qualche giorno è San Valentino e il nostro sarà un po’ particolare: lui sarà su un freddo letto d’ospedale ed io, forse, gli sarò accanto, se mi permetteranno di vederlo. Se così non sarà, gli scriverò una lettera piena di me, piena di noi e gliela farò lasciare sul comodino, di modo che quando la troverà e leggerà le mie parole per lui, saprà che sono sempre lì accanto. Perché una lettera ha questo potere: basta stringersela al cuore per sapere che quella persona non se n’è mai andata via, che resterà con noi. Per sempre.
From Style me pretty by Natalie Watson
Piangooo! Grazieee :’)
Grazie a te, Alegnocca! Ti abbraccio forte, a presto.