La malattia non è poi così diversa dal salire sul ring: sai che quando sarai lì sopra, dovrai darne tante quante ne riceverai, se non vuoi soccombere.
Sai che arriverai a un certo punto che implorerai che l’avversario ti colpisca lì dove non sentirai più dolore. Sai che ti fanno più male le lacrime di chi ti ama invece dei colpi dell’avversario. Sai che se abbassi la guardia muori, ma anche che difenderti richiede un’energia che non hai più. Sai che sarebbe infinitamente più semplice lasciarsi cadere a terra, ma che rimanere in piedi è tutto ciò che conta. Sai che non importa quanti facciano il tifo per te, in combattimento ci vai da solo. Sai anche che a un certo punto la tua ostinazione a voler lottare non verrà più compresa da chi ti ama. Ma sai anche che “fare un altro round quando pensi di non farcela, è una cosa che può cambiare tutta la tua vita”.
Sul ring sei da solo, ma io ti guardo sempre le spalle. E in me troverai sempre quel qualcuno che, arrivato strisciando all’ultimo scalino, non ti inviterà a fermarti, ma per le braccia ti trascinerà lì dove meriti di stare: in cima, più vicino ai tuoi sogni.
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