Sto piangendo. Senza strilli. Credo che si venga al mondo così nella seconda vita.
I neonati urlano la loro presenza per farsi notare, ma ancor più per dilatare al massimo la capacità dei loro polmoncini. Un adulto ha già fatto milioni di respiri, ha i polmoni stanchi e non deve farsi notare da nessuno quando rinasce a nuova vita.
35 anni, di cui 18 trascorsi a imparare l’amore per gli altri. Gli ultimi 9 mesi per me stessa. Mi sono concepita, la mia anima ha fatto l’amore col mio corpo e la consapevolezza ha cominciato a farsi spazio dentro di me.
Nove mesi duri, dilanianti, in cui sono stata costretta a letto più volte ad ascoltare il mio dolore, ma tutto sommato quella che si potrebbe dire una gravidanza bella.
Ho rischiato di venire al mondo prematura, quando il 6 agosto un dolore più grande di me ha rischiato di strapparmi il cuore. Ma l’ho portata a termine. E ora eccomi qui.
Sono fuori dalla comfort zone, vedo la luce. Non c’è più quel mondo ovattato che avevamo creato insieme, ci sono solo io. Perché è questo che fa il parto: ti strappa dal tuo mondo amniotico e ti scaraventa fuori.
Ho ancora qualche reminiscenza del mondo di prima, te che avresti aspettato la mezzanotte, per darmi il tuo regalo e dirmi: “Auguri alla mia Bimba”, baciandomi dolcemente. Ma tutto questo non c’è, non ci sarà più.
Taglio così definitivamente il cordone ombelicale. Sono una donna nuova. Non ho 35 anni, inizio qui il mio primo anno di questa nuova vita. Fatemi gli auguri.
Benvenuta al mondo, Francesca.
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