Non vivrò fino alla vecchiaia. Spesso mi trovo a dirlo come battuta, ma non troppo. A 10 anni avevo responsabilità di una ventenne, a 20 i pensieri di una cinquantenne, a 35 le preoccupazioni che non augurerei a nessuna età.
Sono sempre stata misurata, dentro le righe, responsabile. I miei coetanei mi definivano seria, in realtà volevano dire vecchia. Anche sfigata a tratti: tra le amiche non ero mai quella che spiccava, nascosta sotto maglioni lunghi, occhiali spessi e pile di libri. Ho sempre saputo contrastare però la mia serietà con la battuta pronta e una voglia innata di ridere, nonostante tutto. Infatti, ero anche quella simpatica.
Simpatica, seria e un po’ sfigata: Teo mi ha sempre detto che ero bella, ma ho finito per credere alle voci dentro di me. Mi bastava essere bella per lui, ma per me?
Continuava a dirmi che ero bella anche quando sono arrivata a sfiorare l’obesità. Mangiavo per lenire il dolore: prendendo i chili che lui perdeva per la sua malattia, mi sembrava di proteggerlo di più. Così mi annientavo io.
Fino a che non ho ricominciato a volermi bene, perché io sarò tutto ciò che mi resterà alla fine. E proprio quando la vita ha messo il suo carico da novanta su un equilibrio già precario, invece di farmi trascinare a fondo, ho rialzato la testa. E mi sono fatta bella. Per me.
“Sei luminosa e magnetica”, mi hanno detto ieri. Questa luce la sto pagando cara, perché sento che le tenebre mi sono sempre col fiato sul collo. Ma ogni giorno decido di sorgere, consapevole che il buio arriverà. Ma non mi importa: con la pioggia, il vento, le nubi o la nebbia, io oggi – e sempre – risplendo.
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