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maggio 16, 2020

La dodicesima stanza

  • Storie di tutti i giorni

Ieri ho cominciato a piangere alle 7 e ho smesso alle 22, quando mi sono rintanata sotto le coperte, dicendo addio al mondo. Ieri, tra un dolore e un altro, ho appreso della morte di Ezio Bosso. Non lo conoscevo, non di persona e non bene quantomeno, ma ho pianto.

La mia amica dice che la vecchiaia unita all’isolamento mi stanno aprendo le cateratte. Ma no, invecchiando, invece, sto imparando a piangere per ciò che lo merita davvero. Ed Ezio è tra queste.

Ieri era una di quelle giornate in cui pensare che al mondo ci fosse anche una persona come lui, mi aiutava ad andare avanti. Invece no. Lui questo mondo lo ha lasciato.

Lo conoscevo per quello che si può leggere e vedere di lui su Internet. Ma no, lo conoscevo in realtà anche per questo: 3 anni fa, un’amica di Teo e mia, insieme alle due sorelle, raggiunse Bosso, ai tempi direttore del Verdi di Trieste, e gli parlarono di Teo e della sua storia. Al che lui volle regalargli il suo ultimo lavoro “The 12th room” con una dedica: “A Matteo, alla sua forza e al diritto alla leggerezza e al sorriso”.

Ieri, nella mia giornata pesante, sono andata a riguardarmi il suo cd. Non è solo un’opera musicale, ma anche un viaggio tra le parole. Sfogliando su Internet una foto con cui accompagnare questo testo, ho scelto proprio quella che sul booklet compare accanto alla stanza dedicata a Emily Dickinson, la sua poetessa preferita. E anche la mia. Non sarà un caso.

Arrivando alla fine, spiega il significato della parola stanza e del perché l’ha scelta per i suoi componimenti. In particolare, spiega della sua stanza più buia, quella antipatica, quella che lo atterriva, ma che gli ha anche insegnato ad amare la vita: la malattia. Diceva che ha dovuto immaginare numerose stanze, arrivando alla dodicesima, quella dove tutto in teoria finisce, e invece in pratica rinasce.

Ieri ero nella mia stanza buia, e con la tua musica mi hai liberato. Ora sei arrivato nella tua dodicesima stanza, Ezio. Ora sei libero. Grazie per la musica e per avermi insegnato che non esiste dolore che possa intaccare il mio diritto a essere leggera. E felice.

Il Maestro Ezio Bosso
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by Francesca Favotto | no comment
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Chi sono

"...Non è Francesca", recita la canzone di Battisti. E invece sì, son proprio io.
Nasco a metà degli anni Ottanta, la settimana in cui i Dire Straits dominavano le classifiche mondiali con il loro successo ‘Money for nothing’, sotto il segno della Bilancia, ascendente Leone. Determinata e tenace, innamorata della vita e del bello, appassionata di musica fino al midollo (grazie ai Dire Straits nel mio trigono), sin da piccola preferisco i temi di italiano alle equazioni di algebra, inclinazione che mi porta a intraprendere studi a carattere umanistico. Linguista per necessità, ma giornalista per passione, ben presto scopro quant’è bello e divertente girare come una trottola in cerca di notizie. La serie tv ‘Sex and the city’ dà il colpo di grazia al mio destino: la vita di Carrie Bradshaw è troppo bella per non provare a realizzarla!

Un’insana passione per lo shopping unita alla curiosità per il fashion biz mi aiutano quindi a ‘masterizzarmi’ in Giornalismo di Moda, titolo che mi apre la strada in un settore pieno di sogni e di amore: quello del matrimonio! Fidanzata da quindici anni, cerco di apprendere più nozioni possibili sull’argomento, applicandole nella vita a due. A un rimpianto preferisco un rimorso, a un muso lungo un sorriso, al bicchiere mezzo vuoto sempre quello mezzo pieno, a una vita senza sogni per paura di non riuscire ad avverarli, ne preferisco una piena di cicatrici e sudore nel tentativo di esaudirli. Sognavo la vita di Carrie… e intanto non mi accorgevo che la mia è pure meglio.

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